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La tavola di Arlecchino

Le mostre di Lucio Diodati si presentano sempre come singoli capitoli di un lungo racconto ideale. I diversi pezzi che compongono le sue mostre, non sono che passaggi narrativi di un unico tema: la rappresentazione della figura femminile. In un suggestivo palcoscenico artistico gruppi di donne dagli occhi imperscrutabili, fessure schiuse appena, per custodire piccoli segreti, prendono identificazione attraverso una tecnica pittorica che combina colori e forme in una raffinata esecuzione. Le quinte si aprono su un fondo, privo di elementi scenografici, che allude ad un dove da cui i personaggi fanno ritorno.

Un trionfo di simmetrie e di armonie che si fondono con la rappresentazione di una femminilità solare e sognante, leggera e carnale, divertita e divertente. È l’immaginazione la categoria che contiene e concilia il tutto, è l’immaginazione che sposa artificio e realtà, emozioni e ragione. Una duplice sensualità si effonde allusiva dalle sue opere, quella vivace delle sue figure femminili, contornate da un tratto rapido e avvolgente, e quella legata all’ebbrezza del dipingere, al piacere per fluide accensioni cromatiche, che nascono parimenti dalla storia della pittura e dalla realtà. Con stile favolistico, ironico e di forte presa narrativa, Diodati ci consegna figure di donne, cristallizzate in ironici fermo-immagini, che ridono e sussurrano, intorno ad una tavola imbandita, accomunate dallo stesso intimo desiderio e bisogno di essere guardate, comprese, accolte.

Attingendo ad una cultura storico-artistica, lontana dall’estetica pubblicitaria, Diodati sottrae dal cliché estetico della donna-oggetto le sue gioiose e disinvolte creature e ci restituisce il gusto dei piaceri semplici vissuti coscientemente ed insieme condivisi. La sua è una pittura del sorriso, una pittura che ricorda la luminosità della vita e che ci stupisce per la semplicità, una semplicità complessa che non cerca motivazioni razionali agli eventi della realtà e dell’irrealtà che l’artista descrive con poetica immaginazione.

Francesca Londino