Intervista a Alessandro Del Pero

Il minotauro figura mitica per eccellenza viene da te trasposta in una dimensione fortemente reale quasi dissacrante. Quali significati assume nel tuo percorso artistico tale soggetto?

Non so se abbia un significato particolare. E’ stato, direi, un senso di curiosità a portarmi a realizzare i primi lavori su questo soggetto.

Affrontare un tema come questo è un po’ come mettersi a confronto con la storia, la leggenda, e questo senso del “mito” è un po’in antitesi con quel che generalmente emerge dai miei lavori.

Lo studio dei soggetti rappresentati parte generalmente da una matrice autobiografica. quali sono le tue altre fonti di ispirazione e i tuoi modelli? ritrai dal reale o da immagini?

In realtà è uno studio autoreferenziale più che autobiografico. Nel senso che non intendo raccontare di me, ma utilizzo me stesso, fisicamente, come referenza nella creazione di un’immagine umana.

Questo lo faccio generalmente tramite la fotografia, quasi sempre con l’utilizzo del mio telefono cellulare. Mi scatto una foto e la visualizzo sullo stesso apparecchio.

La mia fonte di ispirazione è l’uomo. L’uomo del mio tempo e l’idea che di lui mi sto costruendo attraverso l’esperienza diretta e indiretta.

Evidenti sono i contrasti alla base delle tue opere: assenza di pigmento-netta presenza, colore compatto-liquido, istinto primordiale-ragione, uomo-animale, consapevolezza-dubbio. Arte come sfogo o mezzo per comunicare una condizione “incomoda”, generale o individuale?

Credo che l’arte non possa essere assolutamente considerata un mezzo di sfogo. Al contrario, se analizzata dal punto di vista creativo, cioè dell’artista, credo che essa possa arrivare ad essere un ulteriore messa in discussione del “sé”. Quindi più che canale di sfogo rischia diventare un tunnel senza uscita, se affrontata in quest’ ottica. La considero invece un mezzo comunicativo, soprattutto se analizzata dal punto di vista del fruitore, del pubblico.

In arte, l’atto creativo è evidentemente stimolato da cause di tipo razionale, ma deve formalizzarsi attraverso un processo di natura primitiva, istintiva, spesso proprio irrazionale.

L’artista deve considerarsi un “ricercatore” più che un comunicatore.

Credo nell’arte fine a se stessa. Solo come tale può considerarsi un’autentica nuova occasione di riflessione.